Per comprendere il significato del giardino storico e la sua definizione nella critica contemporanea, occorre ricordare gli studi preparatori per la "Carta del giardino storico", iniziati con il colloquio di Fontainebleau nel 1971, indetto dall'ICOMOS e dall'IFLA, proseguito a Granada nel 1973, a Praga nel 1975, a Bruges nel 1977.
Ricordo queste tappe, perché, avendole in parte seguite io stessa come rappresentante di Italia Nostra insieme all'architetto Bagatti Valsecchi, ho potuto notare quanto difficile e complesso ne fosse stato il percorso per 10 anni: la sua elaborazione si arricchiva, per rendere più precisa la formulazione di un'opera d'arte così mutabile, polimaterica, antica e attuale insieme, creata in condizioni ed aree del tutto diverse in ogni parte d'Europa e oggi oggetto spesso di stravolgenti trasformazioni.
Non si trattava solo di oggettivare l'immagine e il significato di un'opera anomala, ma di leggerla come un palinsesto vegetale, approfondendone l'indagine conoscitiva, attraverso lo studio dei catasti, degli archivi, degli originari progetti.
Occorreva, quindi, procedere allo studio di un corretto restauro, per poi affrontare l'esigenza della conservazione e della manutenzione e, infine, l'ipotesi di destinazione e di uso.
Era importante intuirne la remota ispirazione, per capirne la collocazione in una determinata società e, in questo, fu solerte nostro alleato il grande studioso Jean Feray, ispettore generale del Louvre.
Italia Nostra, in queste riunioni, si batteva su vari punti sotto la guida di Isa Belle Barsali, vivendo l'esperienza di giardini eterogenei, in climi difficili, durante epoche varie, costruiti con varie destinazioni.
Davanti a rifacimenti o ripristini più o meno fantasiosi suggeriti da alcuni architetti, si richiamava al suo vice presidente Cesare Brandi e alla Carta del Restauro.
Restauro e manutenzione erano gli strumenti per mantenere la realtà dell'opera e la sua immagine. Ma quale restauro ci chiedevano? Restauro dei soli brani sopravvissuti? Restauro per analogia? Restauro dell'ultima redazione? Il rifacimento, il ripristino a volte faceva scivolare l'opera in una pericolosa arbitraria ricostruzione fredda e rigida oppure diveniva oggetto di disegni sofisticati.
Italia Nostra invocava l'indagine conoscitiva, l'osservazione della sua unitarietà, della sua identità,: i pieni e i vuoti, i boschi e i prati, le costruzioni e i laghi, i giardini formali e i viali. Il disegno che congiungeva il tutto alle costruzioni architettoniche, anche le minori (fontane, ninfee), è la ragione della loro ubicazione.
Gli studi, come premessa, dovevano comprendere le altimetrie del suolo, le analisi chimiche, la vecchia catalogazione delle piante.
Il giardino, come museo vivente, andava considerato nell'ambiente circostante: cioè quel punto particolare del territorio,
dove era stato progettato e che, in un certo senso, aveva anche condizionato la villa; giardino agricolo per lo più come in
Toscana, boscoso e ricco come nel Lazio, vasto d'orizzonti come nelle grandi pianure o ancora in pendenze ad anfiteatro
dominante le valli.
Questo ambiente andava salvato, dove non era stato distrutto, per molte ragioni (già, l'art. 21 della Legge nº 1089 del 1939 era un inizio del principio del collegamento tra monumento e ambiente).
Oggi, a distanza di 20 anni dalla Carta di Firenze, possiamo capire il valore dell'importante ruolo di Italia Nostra. Salvare l'ambiente delle ville, sia singole, sia a "sistemi".
Questa visione globale era un anticipo di ciò che sosteniamo oggi alla vigilia della Conferenza Nazionale del Paesaggio, indetta, per l'ottobre del 1999, dal Ministro dei Beni culturali.
Pianificare il territorio, per mezzo dei suoi strumenti urbanistici, significa salvarlo con le sue emergenze sia storiche che naturali.
Il giardino vive in osmosi con l'ambiente che lo circonda. Non è, concepibile un'Italia a macchia di leopardo: ville superbe, circondate da un territorio degradato, cementificato, inquinato che, fatalmente, avrà, effetti negativi sulla sua vita vegetativa.
Nei colloqui dell'ICOMOS, le nostre richieste, con varianti suggerite da membri di altre nazioni, sfociavano nel colloquio di Firenze del 1981 e furono quindi tutte inoltrate e sostenute dall'ICOMOS e dall'IFLA a Leningrado, adottate nel colloquio di Louvain nell'ottobre 1982 e, in modo definitivo sancite a Parigi nel dicembre 1982 dal Comitato che, in memoria della riunione di Firenze di 2 anni prima, le chiamò: "La Carta dei giardini storici di Firenze".
L'indagine conoscitiva, il restauro corretto, la salvaguardia nella sua unitarietà, il ricorso degli strumenti urbanistici per pianificare il territorio circostante erano premesse per affrontare l'ultimo tema difficile e delicato come i primi: l'uso e il ruolo, argomenti appena indicati nella "Carta', ma aperti da allora a molte discussioni.
Dezzi Bardaschi sosteneva: "Conoscere per conservare' e aggiungevano alcuni: 'Per usarne correttamente'.
Un infelice destino è caduto su molte ville, penso a Roma, a Bagheria, in val Padana, nel Veneto, in Emilia, ecc. Le cause? Sociali, etiche, economiche, politiche soprattutto culturali.
Nelle ultime generazioni, è mancata la memoria storica e, perciò, visiva dell'esigenza dell'unitarietà della villa.
In Inghilterra, in Germania, in Svizzera, in Olanda, il giardino, con la sua storia, il suo patrimonio, è entrato nella loro cultura.
Da noi, invece, la pubblica amministrazione è stata indifferente alla tematica dei verdi pubblici e privati, scarsa era l'informazione nelle scuole, carenti le professionalità degli addetti ai lavori, nulli gli alleggerimenti fiscali per il sostegno di spese a volte ingenti (la felice Legge del 1812 ebbe breve vita).
Tutto ciò non ha contribuito ad avvicinare culturalmente il cittadino, il politico, il proprietario o il fruitore, ai giardini. Gli eventuali sponsor si sono allontanati.
In altri Paesi, in Francia, ad esempio a Parigi, i mecenati diventavano protagonisti di grandi restauri. A Versailles, il sofisticato e sapiente restauro di "Le Pommier du Roi" è stato finanziato e guidato dal ben noto stilista Hubert de Givenchy, genio della moda, ma anche esperto di giardini e botanica.
Nel corso degli ultimi 50 anni, si è fatta strada in Italia la moderna concezione del verde, la presa di coscienza del rapporto dell'uomo con la natura. Ma se si matura, da un lato, il riconoscimento del verde monumentale vincolato, secondo la legge nº 1089 del 1939, sopraggiunge l'esigenza del verde e di vasti orizzonti. Il verde urbanistico progettato ha un carattere fruitivo ben diverso da quello essenzialmente tradizionale e fragile (visivo, scenografico, meditativo, di passaggio) delle ville storiche.
Una saggia visione urbanistica doveva convertire periferie degradate, terreni agricoli abbandonati in un verde "attrezzato", in vasti parchi per il tempo libero. Oggi viviamo questa dicotomia: l'esigenza culturale della conservazione dei giardini antichi, storici, pubblici e privati, grandi o piccoli che siano e il diritto a spazi vasti destinati al passeggo e allo sport. Queste due specificazioni si sovrappongono e si confondono spesso nelle nostre città,, per opera di amministrazioni impegnate a seguire obiettivi politici. Conseguenze: scarso verde attrezzato e pressione abnorme sui giardini storici.
L'estensione della problematica del verde all'intero assetto del territorio è sempre più urgente ed esige nuove elaborazioni e nuovi interventi.
Un'illuminata visione urbanistica a Napoli, per merito dell'Assessore Vezio De Lucia, nella variante al PRG del '95, è, stata quella di recuperare il verde agricolo periferico, inglobando verdi minori e avvicinandolo, con vari procedimenti, ai quartieri più popolari della città.
Ma alle grandi ville (anche se escluse dagli standards urbanistici, anche se in varie città, si tentavano procedimenti analoghi), a queste grandi ville e a questi giardini minori che futuro è riservato?
Il problema del loro uso e della loro manutenzione è sempre più difficile. Ogni città, ogni villa potrà,, con metodi pragmatici, offrire soluzioni diverse: purchérientrino nell'obiettivo della conservazione e di una quotidiana civile consuetudine.
Occorre guardare altrove e osservare cosa accade in altri Paesi. Nelle vicinanze dei giardini storici e nei quartieri più popolati, sono stati stabiliti collegamenti rapidi, per portare giovani e sportivi ai parchi attrezzati (vedi il Parco nei pressi di Copenhagen): spesso alla loro entrata, prima e dopo i cancelli, vi è un vecchio edificio adibito a "Visitor's Centre", un centro accoglienza, a scopo ricreativo, istruttivo, didattico a vari livelli (per anziani, adulti e bambini); una sala–esposizione con diapositive delle piante, degli alberi e dei fiori della villa, un museo storico della villa, una biblioteca, un book shop, visite guidate ai giardini e al patrimonio architettonico e scultoreo, se esso esiste.
Anche in Italia, nelle nostre grandi ville, si potrebbero ripetere questi centri valorizzando vecchie costruzioni, inserendovi ciò che più si adatta al nostro tipo di villa e alla sua conoscenza: visite agli arredi antichi, visite al piccolo vivaio (di cui ogni grande villa dovrebbe essere fornita), lezioni di potatura, di innesto e di cura delle piante (da non confondersi con i servizi comunali di corsi professionali per tecnici giardinieri, dei quali ogni Comune dovrebbe essere dotato).
Alberi, piante, fiori, nei parchi inglesi, sono spesso corredati da un cartello con nome in lingua corrente, in latino e con alfabeto Braille per i non vedenti.
In Inghilterra, alcuni angoli, alcune aiuole sono dedicati al cosiddetto "giardino dei profumi6quot;, ricco di foglie e di fiori esalanti odori squisiti antichi. E particolarmente apprezzato ed usato in modo didattico e non solo per i ciechi.
Documentazioni, mostre, esposizioni stagionali di fiori e alberi da frutta antichi potrebbero anche in Italia essere autorizzati in siti della villa "non fragili", purché l'affluenza ne sia regolata. Utile a scopi di ricerca e di didattica il collegamento con l'Università e conferenze per il pubblico a vari livelli.
La sorveglianza adeguata diurna e notturna dovrebbe essere assicurata, per garanzia dei visitatori e degli arredi. Difficile dare regole o proposte che rischiano di diventare generiche.
Ma solo riconoscendo che la villa è un museo vivente, il cittadino potrà capirne la storia, la vita vegetativa, il necessario rispetto, la obbligata chiusura settimanale dedicata alla manutenzione e nutrire stima e curiosità per il lavoro manuale e colto dei giardinieri e dei tecnici.
Forse, la conoscenza del verde storico del giardino, con tutte le sue componenti, potrà entrare nelle scuole, nelle famiglie e fare parte della nostra cultura. La villa, nel suo centro di accoglienza, potrà finalmente diventare un cardine di cultura, di civiltà,, di riposo.
Ma rimane fondamentale il problema dell'infanzia e del diritto dei bambini al verde. La vita delle famiglie potrebbe essere agevolata come in Germania e in Inghilterra, dall'uso di dedicare alcuni angoli anonimi delle grandi ville, limitati, limitrofi e ben protetti da recinzioni, allo svago dei bambini più piccoli.
Queste soluzioni spesso sono tutt'altro che belle. Si tratta di renderle meno pesanti, inserendole armoniosamente nel Parco.
Tutto ciò, riguarda naturalmente la grande villa. Anche il giardino minore e quelli di quartiere, oltre che ad assolvere ad un ruolo di sosta, di riposo, di svago e di gioco, possono anche essi offrire proposte alternative didattiche e molte altre occasioni che avvicinino il cittadino alla natura e al suo rispetto.
Mi riferisco di nuovo all'esempio londinese, dove alcuni giardini di quartieri e alcuni giardini privati vivono una felice vita ricca di manifestazioni come i concorsi per la migliore manutenzione, per il più, bel fiore, per la più bella aiuola.
Diverso e complesso, in questi ultimi anni, è il ruolo del giardino dei quartieri nei sobborghi di New York: esso è stato creato al servizio della popolazione plurirazziale che vi abita. Ad essa è, affidata la cura, la manutenzione, la chiusura notturna e varie altre incombenze. È un tentativo della New York Municipality di farne, attraverso una responsabilità, comune di gestione e di cura, un luogo di aggregazione, di socializzazione e di comunicazione.
In Italia, cosa accade?
Italia Nostra sta preparando alcuni progetti per creare giardini con particolari funzioni, in luoghi di verde degradato.