Ritengo opportuno iniziare questa conversazione con l'esame di alcuni dati statistici relativi alla situazione della fioricoltura
italiana.
Il prodotto di circa 20.000 aziende viene venduto per un importo di circa 5.000 miliardi alla fonte.
La Liguria rappresenta il 20% della floricoltura nazionale. In provincia di Genova sono stimate 1.000 unità lavorative. Il
mercato tende a favorire le piante fiorite rispetto ai fiori recisi. Vengono richieste in maggior numero piante da giardino e fronde
ornamentali. I consumi in Italia fanno registrare una spesa per ogni abitante in costante evoluzione:
– nel 1990: L. 135.000, di cui 107.000 per fiori e 28.000 per piante;
– nel 1997: L. 100.000, di cui 75.000 per fiori e 25.000 per piante.
Per quanto riguarda l'import–export, l'Italia ha esportato, nel 1997, materiale floricolo per 800 miliardi contro una
importazione di 650 miliardi e quindi con un saldo positivo di 150 miliardi; quanto detto deriva soprattutto dall'esportazione di
piante da giardino e fronde ornamentali.
Vediamo ora quali possono essere le ragioni della contrazione del mercato complessivo come sopra evidenziato. Vediamo quali
ostacoli si frappongono allo sviluppo della floricoltura in Liguria e a Genova:
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L'agricoltura italiana è svenduta a favore dell'esportazione dei prodotti industriali e della tecnologia.
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Il recupero dalla Comunità Europea in termini di finanziamenti risulta inferiore rispetto al versato. Tanti finanziamenti previsti
non vengono neppure richiesti. Con tali finanziamenti il nostro Paese potrebbe aprire cantieri di rimboschimento, di risanamento
idrogeologico, di restauro dei Parchi storici e potrebbe migliorare la difesa del territorio dagli incendi.
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I costi di produzione sono estremamente elevati (mano d'opera, energia, interessi sul denaro, trasporti). Occorrerebbe una
maggiore attenzione del legislatore sulle citate problematiche.
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In Ligunia si rende necessaria una migliore mappatura dei terreni. Alcuni Comuni, come Genova e Bogliasco, non sono classificati
come zone svantaggiate, uscendo così dai parametri previsti dalla Comunità per terreni non pianeggianti con
difficoltà di accesso e per eccessiva frammentazione.
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Una azienda moderna ha bisogno di attrezzature, magazzini, serre e costruzioni idonee, mentre il nuovo Piano Regolatore pone il
divieto di costruzioni in collina. Con questo si rischia, fra l'altro, di provocare l'abbandono delle nostre colline o cederle ad
una pastorizia di rapina con carichi di animali impropri, con metodi di allevamento importati da altre regioni e non adatti alle nostre
zone. Si rischia la desertificazione delle nostre colline (es. Monte Fasce).
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La Scuola Agraria di S. Ilario svolge corsi di istruzione troppo legati agli schemi del passato, trascurando la cura del giardino, del
Parco Storico ed in generale manca di una cultura di base e soprattutto del modo di gestire un Garden.
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Superate le difficoltà sopra citate si potrebbero aprire occasioni di lavoro per i giovani:
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in opere di rimboschimento, anche attraverso finanziamenti della Comunità Europea;
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sfruttando la coltivazione di fronde ornamentali, approfittando del nostro clima (Palme, Eucalipti, Pitosfori, ecc.). Anche i piccoli
frutti come more, lamponi e mirtilli possono rappresentare occasioni da non sottovalutare. Così come non sono da trascurare
le produzioni di nicchia di alta qualità (Azalee, Rododendri, Basilico, Camelie);
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occorre valorizzare maggiormente il prodotto italiano attraverso la regolamentazione di un marchio d.o.c., avuto anche riguardo alla
maggiore resistenza rispetto al prodotto di importazione;
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tenere anche presente che un posto di lavoro in agricoltura impegna un capitale di 50 milioni, mentre l'industria ne impegna da
200 a 1.000.
Concludendo si può affermare che la floricoltura potrebbe rappresentare la fonte di occupazione per un buon numero di
giovani, sempre che siano disponibili ad acquisire una preparazione scolastica mirata e che sappiano scegliere con coraggio e
perseveranza il settore floricolo in cui inserirsi.
Con adeguata formazione professionale, i giovani potrebbero recuperare, con vantaggio enorme per l'agricoltura, i posti di
lavoro oggi occupati con scarsa professionalità da cassintegrati, pensionati, lavoratori in nero, secondo lavoro, immigrati.
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