Il fascino che le Camelie, dalla loro introduzione nei giardini europei, hanno esercitato su giardinieri, appassionati di piante, ed anche su coloro che non sono particolarmente interessati al giardinaggio o all'architettura dei giardini, è stato espresso, in modo significativo, da Lavinia Taverna nel suo libro Un giardino mediterraneo: «Alle Camelie lasceremo sempre un posto speciale nel nostro giardino e nella nostra considerazione. La gamma delle loro meraviglie non ha limiti, ad ognuno la gioia di scegliere secondo il proprio piacere. Ho anche visto brutte Camelie, dai fiori incerti, sia nella forma che nel colore, ma sono brutte perché ne esistono di più belle. Prese a sé,, se non ce ne fossero altre, anche le Camelie che giudichiamo brutte non lo sarebbero affatto.
Un solo fiore di Camelia con due foglie in un piccolo vaso di vetro posato sul nostro scrittoio è, un mondo di bellezza che abbiamo la fortuna di tenerci vicino» (1).
L'introduzione delle Camelie in Liguria, determinata dalla moda, dall'evoluzione del gusto e dal collezionismo botanico, ha contribuito non poco, considerata l'ampia diffusione di questa specie, a definire il carattere vegetale dei giardini dell' Ottocento, grazie, anche a una produzione fiorovivaistica locale specializzata che ha portato alla creazione di numerose cultivars particolarmente ricercate dagli appassionati.
Tuttavia, la difficoltà nel delineare il ruolo delle Camelie nella composizione vegetale dei giardini liguri, deriva sia, dal venir meno, nel corso del Novecento, dell'interesse verso questa specie, sia, dall'orientamento della fioricoltura verso altre coltivazioni, sia dalla perdita delle tradizioni giardiniere e dal decadimento della cultura del giardino.
Inoltre, la scomparsa o la sostituzione con altre piante, ha alterato numerose realizzazioni paesaggistiche, in cui le Camelie erano certamente tra le specie botaniche più importanti per l'eleganza del portamento e la bellezza delle foglie e dei fiori.
Gli effetti del mutamento di gusto sono evidenti anche nel caso del parco Durazzo Pallavicini a Pegli, che contiene una composizione botanica di particolare rilievo, il bosco di Camelie, diventato nel corso del tempo non più alla moda, e che viene, oggi, riscoperto con un progetto di ricomposizione della collezione e di ricerca per l'identificazione botanica delle antiche piante che è stato presentato in occasione di questo convegno.
Un altro elemento che rende difficile la comprensione del ruolo delle Camelie nel definire la struttura vegetale dei parchi e dei giardini è la frammentarietà di testimonianze e l'esiguità di informazioni al riguardo, nonostante che la presenza delle Camelie nei giardini liguri fosse abbastanza rilevante e paragonabile a quella dei giardini dei laghi settentrionali e della Lucchesia e del napoletano.
Solitamente, infatti, le descrizioni ottocentesche dei giardini liguri si soffermano abbastanza dettagliatamente sugli elementi architettonici, mentre trascurano le componenti vegetali: per Genova, in particolare, quest'osservazione è valida per le guide dello storico dell'arte genovese Federico Alizeri, personalità di rilievo nelle vicende storico – artistiche della città.
Le sue descrizioni costituiscono una preziosa e insostituibile testimonianza sui giardini genovesi e ne riflettono abbastanza fedelmente l'atmosfera romantica, ma risultano di scarsa utilità per delineare in modo preciso gli elementi della composizione vegetale (2). Per quest'ultima, l'Alizeri usa schemi ricorrenti e immagini stereotipate, probabilmente a causa dei suoi interessi più orientati verso l'architettura, la scultura e la decorazione, con il risultato di testi convenzionali che si limitano a indicare boschetti, aiuole o altre strutture vegetali senza considerare i rapporti tra impianto spaziale e utilizzo delle specie vegetali.
È possibile, invece, rilevare notazioni e osservazioni più precise nelle guide, nei resoconti di viaggio o nei manuali e nei testi di giardinaggio stranieri, in particolare, in opere sull'architettura dei giardini di inglesi e tedeschi che si erano trasferiti sulla costa ligure o che vi trascorrevano le vacanze e che registravano con precisione le osservazioni compiute nei giardini di loro proprietà o in quelli di amici o di appassionati di piante.
Se, come si è accennato, è raro trovare nelle guide e nelle descrizioni della Liguria cenni sulla presenza delle Camelie nei giardini, una breve nota nella Descrizione di Genova e del genovesato (3), sottolinea, però, che l'acclimazione delle Camelie nei giardini liguri fosse avvenuta con successo e che le piante crescevano rigogliosamente all'aperto. Essa è motivata dal fatto che le Camelie, benché introdotte nel Settecento, erano abitualmente coltivate in serra, e nonostante ciò in molti casi non riuscivano a sopravvivere (4).
In Inghilterra, infatti, quando la moda delle Camelie raggiunse il massimo della popolarità, verso la metà dell' Ottocento, nei giardini si costruivano le «camellia houses», strutture ideate appositamente per questo genere di piante, costituite da edifici in muratura con grandi aperture dotate di infissi amovibili durante la stagione primaverile e invernale, simili alle «orangeries», dove le piante venivano cresciute in vaso e potate in forma conica in modo che assumessero una forma spettacolare per il contrasto tra le centinaia di fiori e il brillante fogliame verde scuro.
Nella grande serra del giardino di Chiswick fu costituita, a partire dal 1825, una ragguardevole collezione di Camelie. Solamente in seguito si comprese che potevano resistere all'aperto e le «camellia houses» furono sostituite da viali o sentieri di Camelie (5).
Ancora nel 1872 i fratelli Roda nel Manuale del giardiniere, floricoltore e decoratore di giardino includevano le Camelie tra le piante da coltivare in aranciera e informavano il lettore che «possono essere collocate nello spazio interno perché richiedono minor luce e sono più robuste».
Raccomandavano, perciò, il loro inserimento nei giardini e ne suggerivano la piantagione insieme a rododendri e azalee, al posto dei tradizionali agrumi perché «senza dubbio più ornamentali» per la fioritura (6).
La possibilità di coltivare le Camelie nei giardini della costa ligure era stata «scoperta» e pubblicizzata da James Henry Bennet, un medico inglese che si era trasferito a Mentone a causa delle sue precarie condizioni di salute e che fu uno tra i primi frequentatori della Riviera.
Le sue esperienze sulla coltivazione delle piante esotiche nel giardino di Grimaldi furono descritte nel libro del 1875, Winter and spring on the shores of the Mediterranean, e in particolare per quanto riguarda le Camelie, osservava che pur non essendo mai state coltivate nella zona di Mentone, aveva avuto risultati soddisfacenti nel suo giardino e concludeva: «Quindi considero il problema risolto, il clima risulta adatto alle coltivazione delle Camelie all'aperto, se però vengono piantate in un terreno adatto» (7).
Edouard André nel suo trattato del 1879 inserisce le Camelie tra le piante che crescono bene nelle zone mediterranee, anche se «danno migliori risultati» sulle coste occidentali della Francia per il clima più umido e favorevole. Anche Watson, in una relazione sui giardini della Riviera, visitati per conto dei prestigiosi Kew Gardens, confermava la particolare cura rivolta alla preparazione del terreno per la coltivazione delle Camelie (8).
Questo lusinghiero successo fu ottenuto attraverso scambi di idee e contatti con altri giardinieri ed esperti come il conte Margaria di Nizza che possedeva un giardino «notevole specialmente per la coltivazione di Camelie all'aria aperta» (9).
Alice Martineau, autrice di numerosi libri e progettista di giardini in Riviera e in California, scriveva nel suo libro Gardening in sunny lands del 1924, quando, ormai, la passione per le Camelie era in declino: «In Riviera è di moda crescere le Camelie all'ombra, ma il dottor Bennet di Mentone, un pioniere del giardinaggio in Riviera preferisce crescerle in pieno sole» (10).
Nella rivista di giardinaggio L'orticoltore ligure del 1870 venivano anche suggerite le modalità più idonee per la coltivazione in terra e in vaso, e diversamente dal Bennet si raccomandava l'esposizione a mezz'ombra sia in serra che fuori (11).
Altre testimonianze confermano la consuetudine di coltivare le Camelie in vaso, nel giornale Il Caffaro dell' 11 aprile 1875 una breve cronaca sulla visita ai Sepolcri riporta notizie sugli allestimenti floreali realizzati all' interno delle chiese in occasione delle celebrazioni religiose della Settimana Santa, tra i quali viene segnalato quello della Chiesa dell'Annunziata per le «bellissime piante potate a cono», ed anche il «bellissimo mazzo di Camelie bianche» proveniente dalla villa Pallavicini di Pegli nella Chiesa del Gesù.
Inoltre, il confronto tra alcune date riguardanti la storia delle Camelie nei giardini europei dimostra come la Liguria fosse al passo con altre aree regionali: nel 1825 veniva pubblicato Camellia britannica di Buckingham, che illustrava le piante ottenute dagli incroci fatti nel vivaio di Vauxhall tra il 1819 e il 1820 da Chandler & Son, uno tra i primi coltivatori inglesi di Camelie, particolarmente apprezzate per le loro spettacolari fioriture dal noto paesaggista John Claudius Loudon, promotore del «gardenesque» e autore dell'Aenciclopedia of gardening; nel 1830–36 compariva il volume Illustration and description of Camellia corredato da 44 tavole botaniche sulle nuove cultivars e negli stessi anni a Pieve Ligure esistevano già aziende florovivaistiche specializzate nella produzione di Camelie e contemporaneamente avveniva la diffusione delle Camelie in Lucchesia grazie all'Orto botanico di Pisa e il Savi pubblicava nella Flora italiana del 1822 un'illustrazione della Camellia sasanqua (12).
La loro diffusione in Liguria avvenne presumibilmente tra gli anni Venti e Trenta, non sono comprese, infatti, né nell' Elenchus Plantarum Horti botanici J. Caroli Dinegro del 1802, né nel Catalogues des plantes cultivées dans le jardin de Madame Durazzo de Grimaldi a Pegli del 1812, considerando che questi due giardini contenevano, nei primi decenni dell'Ottocento, le più ricche collezioni botaniche genovesi.
La massima popolarità delle Camelie fu raggiunta intorno agli anni Cinquanta, dopo la sistematica raccolta di Camelie, effettuata in Cina dal noto cacciatore di piante Robert Fortune, contemporaneamente all'uscita del romanzo di Dumas La dame aux camélias (1848) e dell'opera di Verdi La Traviata (1853).
Nello stesso periodo in Liguria l'attivit' florovivaistica e l'interesse per queste piante erano degni di nota. Nella rivista di giardinaggio L'orticoltore ligure, il direttore Antonio Casabona pubblicava, nel 1867, una lista di nuove varietà di Camelie disponibili, da cui si traggono utili informazioni sull'intensa attività dei vivaisti liguri che avevano prodotto numerose cultivars come Bella di Chiavari di colore «rosa vivo sfumato, più acceso al centro, con fiore graildissimo e ammirabile imbricazione a pacchetti» o Bella Genovese di colore «bianco crema, sovente col centro camescente e qualche linea rosea, con fiore grande doppissimo, imbricato e fogliame allungato e originale» (13).
Nelle mostre floreali promosse in Liguria in quegli anni comparivano rimarchevoli collezioni di Camelie ed esemplari notevoli per la grandezza o il portamento (14).
L'inserimento delle Camelie nei giardini si può inquadrare in precisi criteri compositivi definiti dai teorici di progettazione del giardino, che si ritrovano anche nei giardini liguri dell'Ottocento, in cui si possono individuare alcuni degli schemi progettuali utilizzati per collocare le Camelie in determinati punti o aree del giardino con effetti particolari.
Le indicazioni più importanti al riguardo si trovano nel testo di Ercole Silva Dell'arte dei giardini inglesi del 1801, in cui il modello del giardino paesistico venne per la prima volta rielaborato e presentato in modo completo al pubblico italiano, e che, oltre a contribuire alla definizione degli indirizzi progettuali, forniva schemi di piantagioni che furono adottati in molte realizzazioni del secolo scorso.
Nel capitolo Catalogo d'alberi, d'arbusti, d'erbe a fiori e d'erbe a prato atte al giardino inglese la Camellia japonica viene definita «uno de'i più vaghi arbusti per la bellezza de' fiori rossi o bianchi, doppi con numerose varietà» (15), e risulta compresa tra le piante di recente introduzione che si stavano diffondendo con l'affermarsi del giardino paesistico perché consentivano nuovi accostamenti cromatici e tematismi vegetali (16).
Oltre al Catalogo sopra menzionato è interessante la Lista di piante di pien'aria, che pei loro fiori e foglie possono comporre i quattro boschetti dell'anno, dell'inverno, della primavera, della state e dell'autunno (17) in cui la Camelia compare insieme a «cisti, calmia, cipressi, corbezzolo, dafne» tra «le piante tardive e le primaticce, le sempre verdi e le molte esotiche che artificiosamente si possono avere durante l'inverno», da piantare, appunto, nel giardini d'inverno «per comporre gruppi e boschetti ammirabili, e produrre mescolanze di tinte ed aspetti di sommo effetto».
Le Camelie, infatti, «insieme ad altre piante esotiche servono a variare il quadro, componendosi de' boschetti e delle piantagioni basse, servono a tappezzarne i muri, i padiglioni e i piccoli ricoveri, a ornare i boschetti, a guarnire e orlare i passaggi, ad abbellire e a caratterizzare le differenti scene» (18).
Le Camelie, appaiono adatte anche per la composizione del «boschetto romanzesco che risulta dalla singolarità e dallo straordinario che regnano nelle forme degli alberi, nel colorito delle foglie e de' fiori e nella mescolanza delle differenti specie di piante» (19).
Il Silva, pertanto, suggerisce l'uso delle Camelie in piantagioni massive, collocate nelle parti del giardino che vengono utilizzate durante l'inverno, proprio per ravvivare una stagione priva di foglie e di fiori.
Queste piantagioni possono essere impiegate per formare boschetti, gruppi di arbusti da inserire in quadri naturalistici, dove predominano le specie arboree o arbustive oppure per siepi e spalliere tenute in forma più controllata.
Esempi di simili composizioni vegetali si sono conservate in alcuni giardini liguri; il bosco di Camelie più noto è quello della villa Pallavicini di Pegli, che costituisce uno dei quadri paesistici inseriti dallo scenografo Michele Canzio lungo il percorso del parco.
Gabriel Faure scriveva: «I turisti sono interessati ad ammirare grotte, giochi d'acqua, il tempio di Diana, il ponte cinese, …, ma io ho preferito dedicare la visita alla magnifica vegetazione e alla flora tropicale che Michele Canzio ha saputo così abilmente comporre», e il bosco di Camelie particolarmente ammirato dall'autore che affermava: «Mai avevo ammirato un boschetto simile di Camelie rosa e rosse, i fiori delle quali, caduti a terra creano un suntuoso tappeto a vari colori» (20).
Un'altra interessante testimonianza sulla presenza di boschi di Camelie nei giardini genovesi è quella di Charles Dickens che, nel 1844, soggiornò per parecchi mesi a Genova nella villa Pallavicino delle Peschiere, progettata da Galeazzo Alessi nella seconda metà del Cinquecento: «Il Palazzo è edificato su un'altura dentro le mura di Genova, ma a qualche distanza dagli edifici, ed è circondato da magnifici giardini che appartengono ad esso e che sono abbelliti da vasche di marmo, statue, vasi, fontane, terrazze, viali di aranci e di limoni, e boschetti di rose e di Camelie(21).
Boschetti di Camelie si trovavano nel giardino della villa Giribaldi a Bordighera e nel parco paesistico dell'antico palazzo Lomellini, trasformato nel Grand Hotel Mediterranée di Pegli costituito da boschetti e piantagioni composte in gran parte di piante esotiche e sempreverdi palme, conifere e piantagioni massive di allori e di Camelie».
Nei giardini Hanbury piantagioni massive di Camelie vennero inserite nella grande aiuola di fronte al Palazzo, lungo il percorso trasversale che conduce alla Casa Rustica, dove si trovavano il museo e il centro botanico. Il Fluckinger nella sua descrizione dei giardini Hanbury del 1885 sottolinea l'accostamento di piante a foglie lucide e coriace come Pittosporum eugenioides, Pittosporum tobira, Osmanthusfragrans, Buxus balearica, Laurus nobilis, Pistacia lentiscus.
Le Camelie erano considerate le piante più adatte per essere inserite in prossimità degli edifici, secondo quanto suggeriva il Marchais curatore del giardino botanico della villa Thuret ad Antibes, perché la fioritura invernale le rende particolarmente adatte per le parti più frequentate del giardino (22). Camelie furono piantate nell'aiuola ad est del portico d'ingresso della villa Hanbury a Ventimiglia e compaiono anche negli elenchi delle piante fonte che Thomas Hanbury aveva la consuetudine di compilare e di inviare alle più diffuse riviste di giardinaggio inglesi.
Anche nella villa Negrotto Cambiaso ad Arenzano che comprende un parco romantico, di particolare interesse botanico per la presenza di specie esotiche, progettato dall'architetto Luigi Rovelli nel 1880, le due aiuole laterali ai lati della rampa d'ingresso erano destinate alle Camelie.
È probabile che nel giardino della villa Di Negro Durazzo Rosazza le Camelie che incorniciano il ninfeo con i tritoni, piantate, secondo la tecnica tipicamente ligure, dentro cassoni costituiti da lastre in ardesia, lungo la scala di collegamento tra il primo e il secondo terrazzamento, siano state inserite dal Rosazza, quando, nel 1851, dopo l'acquisto della villa, intraprese lavori di sistemazione del giardino distrutto nella parte inferiore dalla costruzione della linea ferroviaria.
Piantagioni a filari si trovano nella villa Duchessa di Galliera a Voltri, lungo il muro di sostegno ovest adiacente al corpo principale della villa, nello spazio che precede l'ingresso al giardino d'inverno, situato in corrispondenza del piano nobile e costituito da due terrazzamenti posti alle spalle dell'edificio e arricchiti da ninfei e statue alla fine del Settecento. È probabile che l'inserimento delle Camelie risalga al progetto di sistemazione del parco iniziato intorno al 1865 da Giuseppe Rovelli, zio di Luigi, per Maria Brignole Sale De Ferrari, duchessa di Galliera.
Rovelli, proveniente da una famiglia di giardinieri e vivaisti di Pallanza, che già negli anni Quaranta stampava un catalogo in cui comparivano molte piante esotiche, forse inseri le Camelie anche nei parterres del grande terrazzamento sottostante la villa che erano particolarmente curati con composizioni a mosaicoltura dei giardini vittoriani (23).
Altre Camelie si trovavano nei parchi Serra e Gropallo a Nervi (24), nel parco Carrara a Quarto progettato intorno al 1876 dal Bernasconi, e in numerosi altri parchi e giardini, ma è difficile ipotizzarne la localizzazione per la mancanza di informazioni precise al riguardo.
Albino Botti, rosa venato di violaceo a macchie bianco-scuro, fiore grande imbricato a coppa, L. 7
Alessandro Botti, bianco avorio col centro sfumato paglia, fiore grande, stoffato, perfettamente imbricato, a coppa, L. 10
Amalia Botti nova, rosa tenero, venato rosa vivo, coi petali marginati di bianco e striati di carminio, imbricazione perfetta a guisa di ranuncolo, L. 7
Bella di Chiavari, rosa vivo sfumato, più acceso al centro, fiore grandissimo, ammirabile imbricazione a pacchetti, L. 10
Bella genovese, bianco crema, di sovente col centro carnescente e qualche linea rosea, fiore grande doppissimo, imbricato, fogliame allungato e originale, L. 7
Dittatore Garibaldi, bianco avorio a punti, strie, e larghe macchie carminio e rosa, fiore grandissimo perfettamente imbricato a coppa, L. 10
Emilia Coppola, rosso mattone intenso, venato più scuro, coi petali leggermente marginati di bianco sfumato, fiore grandissimo di perfetta imbricazione a stella, L. 12
L'innominata, bianco puro e petali piccoli serrati, numerosi stesi, fiore grande perfettamente imbricatoL.7
Luisa Mulo, rosa tenero, venato rosa vivo, di sovente raggiato di bianco, fiore di prima grandezza e di ammirabile imbricazione, L. 7
Gustavo Mulo, rosso–rosa a riflessi lilacini, biancheggianti sull'orlo dei petali, fiore grandissimo, imbricato, roseiforme, L. 7
Principe Amedeo, color feccia di vino, centro macchiato di bianco, fiore grande, rotondo ben imbricato, L. 7
Principe Umberto, carminio chiaro, sfumato al centro, fiore grandissimo, perfettamente imbricato, ammirabile, L. 10
Professor Bruzzo, rosso violaceo, quasi ardoisé, di sovente striato di bianco, fiore grande, doppissimo e di perfetta imbricazione a ranuncolo L. 7, in «L'orticoltore ligure» , fasc. XIII, i luglio 1867, anno III, pp. 251, 252.