Le antiche Camelie
del Parco di Villa Durazzo Pallavicini
Riccardo Albericci



Sebbene conosciute ed apprezzate da molti anni, gli esemplari di Camelia japonica del Parco Pallavicini sono tutt'oggi orfane del nome della cultivar; eppure la collezione del marchese Pallavicini fin dagli anni di costruzione del Parco veniva reputata tra le più pregiate che si conoscesse. In uno scritto di Giambattista Tirocco, rinvenuto nella Biblioteca Nazionale di Firenze, è riportato che qui si poteva ammirare una tra le più belle collezioni dell'epoca: merito anche di Carlo Moroni, capo giardiniere del parco, reputato come uno tra i maggiori conoscitori di Camelie, insieme a Santarelli e Franchetti di Firenze con i quali, tra l'altro, effettuava scambi di piante.

Gli studi intrapresi a partire dal 1993 hanno messo in luce dati di eccezionale interesse, sotto il profilo sia storico che botanico. Il riconoscimento delle cultivar, lento e ricco di imprevisti, novità, disaccordi ed ipotesi da confutare, procede di pari passo con la ricerca storica, che negli ultimi due anni ha potuto essere condotta anche all'interno dell'archivio storico della famiglia Cattanco Adorno, erede Durazzo Pallavicini. All'interno di questa sono stati rinvenuti documenti che provano la fervidissima ricerca di piante esotiche, tra cui cultivar di Camelie pregiate, ricercate in diversi vivai del nord Italia (Burnier e David a Torino, Burdin Maggiore a Torino, Angelo Longoni a Milano). Le cultivar di Camelia elencate in tali documenti mostrano che la collezione era molto varia e più ricca di quanto non sia oggi: difatti le ventisei targhette in ceramica ritrovate armi or sono che riportano i nomi di cultivar di Camelia si sommano alle cultivar citate negli elenchi storici.

Inoltre le identificazioni effettuate da esperti in questi anni sono orientate verso altre ulteriori cultivar. Bisogna precisare che in merito alle cultivar antiche esiste molta incertezza dovuta all'imprecisione delle descrizioni antiche.

Quindi le identificazioni oggi effettuate non sono certo esaustive, ma spesso provvisorie, in attesa di dati che le confermino o le smentiscano (cfr. elenco riportato sul pieghevole edito in occasione del convegno).

Notevoli progressi invece sono stati compiuti nel programma di conservazione, che prevede il censimento e la propagazione delle cultivar. Il primo aspetto ha visto, con il susseguirsi degli anni, il completamento della catalogazione fotografica corredata di identificazione numerica, la stesura su mappa dei riferimenti numerici i quali rimandano ad un tabulato informatico, su cui sono indicati dimensione del fiore, circonferenza del tronco ed eventuali indicazioni sulla cultivar, se non addirittura la cultivar certa o probabile. Ad ogni stagione il tabulato viene aggiornato con le osservazioni effettuate sul campo o derivanti da ricerca bibliografica.

Nell'ottica di conservare le cultivar presenti nel parco si è iniziato nel 1997, dopo alcuni anni di vani tentativi per innesto, a propagare per talea gli individui che mostrano segni di regressione vegetativa.

La tappa di oggi altro non è che la sintesi del primo breve tratto del lungo cammino iniziato cinque anni or sono.




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